L’associazione Utopia Rossa lavora e lotta per l’unità dei movimenti rivoluzionari di tutto il mondo in una nuova internazionale: la Quinta. Al suo interno convivono felicemente – con un progetto internazionalista e princìpi di etica politica – persone di provenienza marxista e libertaria, anarcocomunista, situazionista, femminista, trotskista, guevarista, leninista, credente e atea, oltre a liberi pensatori. Non succedeva dai tempi della Prima internazionale.

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mercoledì 1 aprile 2015

YEMEN: COMINCIAMO A CAPIRCI QUALCOSA, di Pier Francesco Zarcone

Ancora una volta i nostri ineffabili media non fanno informazione, cosicché risulta perfettamente inutile ricorrervi per una sia pur minima comprensione degli eventi yemeniti in corso. Basti pensare che si continua a parlare di paese sull'orlo della guerra civile, quando invece essa è in atto da tempo e con esiti territoriali di rilievo, come mostra la cartina in apertura a questo articolo. Inoltre non chiariscono cosa stia accadendo sul terreno e quale efficacia abbiano i bombardamenti sauditi sui "ribelli"; non spiegano quali siano gli interessi politici e strategici dei paesi postisi al fianco dell'Arabia Saudita e come mai questa coalizione (di più che dubbia omogeneità) si sia formata proprio adesso; non chiariscono che costrutto abbia in questo momento l'apertura di un fronte yemenita dispendioso ma soprattutto dispersivo, in ordine allo sforzo che ancora si protrae sul fronte siro-iracheno, né sottolineano il consequenziale dato di fatto che per i governi sunniti (quand'anche alle prese col radicalismo islamico entro i propri confini) il maggior nemico non sia l'Isis.
Improbabili appaiono le cifre fornite riguardo al dispositivo militare dispiegato dai sauditi ai confini yemeniti: 150.000 soldati (quando l'esercito saudita è notoriamente di 75.000 uomini, a cui vanno aggiunti i 100.000 della Guardia Nazionale; e considerato che non risulta esserci stata nessuna mobilitazione di contingenti tratti dai 250.000 riservisti, la conclusione è che sarebbero rimasti a disposizione del governo saudita solo 25.000 uomini attualmente in armi!).
Per non incorrere in confusioni ulteriori risparmiamoci i pregressi avvenimenti dell'intricata storia yemenita, che pure sono concause della situazione odierna. Limitiamoci a due elementi: il caos politico in cui è piombato il paese dopo la caduta del presidente-dittatore Ali Abd Allah Saleh e la consistente presenza di una minoranza sciita (ramo zaydita) - aggirantesi sul 30-40% della popolazione - che aveva dato luogo a una rivolta armata contro il governo di Sana'a e alla cui guida è Abd al-Malik al-Houthi, capo del movimento Ansar Allah. La costante avanzata di questi ribelli, detti Houthi, ha fatto fuggire dalla capitale il presidente Mansur Hadi (imposto dagli Usa), rifugiatosi nella sua roccaforte di Aden.
Da siti politicamente scorretti, ma in genere fornitori di notizie di prima mano e più sicure, si apprende che sarebbero stati abbattuti 5 o 6 aerei sauditi e che da scontri sul terreno le truppe di Riyad sarebbero uscite alquanto malconce, abbandonando agli Houthi una certa quantità di materiale bellico. La cosa non stupisce, essendo noto che per i settori "specialistici" l'esercito saudita si avvale di mercenari arabi stranieri, non fidandosi il governo di mettere armi in mano a elementi che non appartengano a nuclei tribali di sicuro affidamento.
Ci si può azzardare a sostenere che questa guerra intrapresa da Riyad con innegabile "faccia feroce" sia alquanto fasulla, nel senso di non mettere in conto la vittoria militare, salvo miracolo dall'alto. Obiettivamente l'Arabia Saudita non ha le risorse umane (innanzitutto per scarsità della sua popolazione, sfiducia su di essa a parte), e pure su quelle finanziarie si possono formulare dubbi, almeno in questa fase del mercato petrolifero, considerato che il crollo dei prezzi del petrolio ha causato a questo paese la perdita di 18 miliardi di dollari solo negli ultimissimi mesi. E non è che nell'insieme gli "alleati" di Riyad stiano molto meglio in termini di forza (a parte le ricchezze dei paesi del Golfo); semmai l'incognita sarebbe un eventuale intervento di terra pakistano (tuttavia, di truppe non arabe in paese arabo).
La tesi della guerra fasulla per altri fini è motivabile. Sono in gioco due fattori: far rialzare il prezzo del petrolio (del resto, aumentato del 6% dall'inizio dei bombardamenti sauditi); inguaiare il grande nemico iraniano, in una fase in cui potrebbe concludere con una certa soddisfazione i negoziati sul proprio nucleare, e contenerne l'espansione come potenza regionale contraria agli interessi delle monarchie arabe sunnite. Che gli Houthi siano aiutati da Teheran è cosa evidentissima, e la loro vittoria totale metterebbe a fortissimo rischio il potere di tali monarchie nella Penisola arabica: in Bahrein la maggioranza del popolo è sciita, tiranneggiata da una monarchia assoluta sunnita; la stessa Arabia Saudita ha una discriminata e riottosa minoranza sciita, ahimè concentrata proprio nelle zone con maggior presenza di risorse petrolifere; e in più, ma cosa di non minore importanza, se già l'Iran incombe sullo stretto di Ormuz, dallo Yemen si controlla virtualmente lo stretto di Bab al-Mandab, percorso da petroliere dirette al Mediterraneo che trasportano giornalmente alcuni milioni di barili di greggio.
È iniziato un gioco pericolosissimo per l'intera regione e per tutti. Probabilmente (almeno in questa fase) i dirigenti iraniani manterranno il necessario sangue freddo, non cadendo nella provocazione e non facendosi coinvolgere direttamente nel conflitto; ma il futuro resta in mente Dei. L'aiuto ai ribelli Houthi non cesserà di certo, e al riguardo le previsioni fattibili al momento sono due: 1) essi resistono e magari mettono in difficoltà gli aggressori, magari costringendoli a un tavolo di trattative; 2) non riescono a respingere gli attacchi e, indipendentemente da avalli del Consiglio di Sicurezza dell'Onu (dove la Russia ha diritto di veto), si forma una forza multilaterale sunnita che interviene sul terreno col solito alibi del peace keeping; a quel punto sarebbe ineludibile per gli Houthi la rinuncia a operare come esercito regolare e conquistare territori, e dovrebbero ricorrere alla guerriglia. In questo caso gli scenari somalo e libico si riprodurrebbero, e non solo per il disfacimento totale dello Yemen, ma anche perché - ci si può scommettere - verrebbero a occupare un posto di rilievo sulla scena (dove peraltro già operano) due fattori ulteriormente destabilizzanti: al-Qaida nella Penisola arabica (Aqpa) e il movimento indipendentista di Aden, Harak Janouby, guidato da Ali Salim al-Bayd. L'aggiungersi di nuclei dell'Isis non sarebbe irrealistico.
Anche l'Arabia Saudita rischia molto, perché se la guerra fasulla andasse male potrebbe esplodere la sua estrema instabilità, e dal caos conseguente potrebbero derivare le premesse per la concretizzazione degli esistenti progetti statunitensi di divisione di questo regno in più entità statali (ovviamente deboli).

Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com

RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

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a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

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a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

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a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.